CoM – Il Blog di Carlo Becchi Compreresti un Raggio della Morte usato, da quest'uomo?

15mar/075

Ancora due parole sull'intervista al presidente della SIAE.

Ieri notte, di ritorno a casa, ho trovato su Pandemia la segnalazione di un' intervista a Giorgio Assumma, presidente della SIAE alla quale ho reagito con parole poco organiche e forse poco costruttive.

Stamattina mi riprometto di essere più strutturato nei miei pensieri, ma mi ritrovo ancora più incazzato di ieri sera.

Noi, idioti che compriamo i DVD al supermercato invece di ordinarli in Germania, paghiamo sul supporto un "equo compenso" perché da criminali quali siamo, li usiamo solo per rubare le opere altrui e quindi è giusto pagare quella che per Assumma è scorretto chiamare tassa. Ha ragione: è una multa anticipata.

Quando faccio il mio backup mensile dei file "RAW" di Tecnica Arcana, 58 centesimi vanno a Britney Spears, lei ci si compra l'Extasy, va fuori di melone per qualche mese e non canta e non scrive nulla. Da qui la denominazione "equo compenso". Dai qualcosa - ricevi qualcosa.

L'equo compenso esiste perché la SIAE è incapace di trovare un metodo per distinguere gli usi dei supporti. Anzi probabilmente non l'ha neppure mai cercato, perché sono altri che devono proporglierlo:

Nessuno è riuscito a proporci un sistema valido per differenziare i vari usi del supporto, così la legge applica un criterio che apparentemente presenta discrasie ingiustificate, ma è inevitabile.

Ma d'altronde queste sono persone che parlano di vocazione, più simili a tante Giovanna d'Arco del recupero crediti che a freddi burocrati che perdono tempo a cercare un sistema che non ci faccia passare tutti per ladri.

Oggi chi acquista un brano su internet o su disco versa alla Siae un compenso, poi un altro se vuole copiarlo su cassetta o masterizzarlo su cd, in futuro anche se vorrà trasferirlo su una scheda di memoria o su un hard disk esterno. Le pare normale?
«Il diritto d’autore non è uno solo, ma tanti: leggere, riprodurre, circolare, prestare, dare in noleggio e altri. Non si paga più volte, si pagano più autorizzazioni diverse».

Questa frase mi ha fatto perdere la voglia di fare ironia.

Cosa pensa della proposta di tassare anche gli abbonamenti a internet, partendo dal presupposto che sul web viaggiano comunque materiali protetti da copyright?
«Ci stiamo studiando, la nostra vocazione è far pagare più soldi possibile, siamo valutando tutti i mezzi per incassare di più, ma dobbiamo anche pensare alla cultura, quindi vogliamo lasciare degli spazi di movimento. D’altronde è proprio del nostro diritto prevedere delle libere utilizzazioni: è possibile ad esempio riprodurre una poesia in un'antologia senza permessi, o utilizzare spezzoni di film, entro certi limiti»..

Ed eccoci al gran finale, che sembra uscito dal copione di uno dei personaggi grotteschi e iperbolici di Borat. Sarei curioso di sapere cosa intende l'Avvocato Assumma per "pensare alla cultura". Come la maggior parte di coloro che si è messa a fare podcast senza dare particolare risalto alla musica e senza conoscere (all'inizio) il mondo podsafe, la prima cosa che ho fatto è passare sul sito della SIAE per vedere cosa mi fosse permesso trasmettere.
Qui si parla di cultura, mettendola insieme ad un discorso arpagonico sull'accumulare denaro che pure Paperone si vergognerebbe di esprimere in questi termini; si parla di libera utilizzazione ma sul (brutto) sito SIAE non mi è stato mai possibile prendere visione di questi permessi. Magari da qualche parte ci sono, seppelliti però dai listini prezzi "vocazionali".
Volete diffondere la cultura, ampliare gli spazi del movimento? Perché diavolo non c'è un bottone in home page con su scritto "Diffondi contenuti? Ecco quello che puoi o non puoi fare".
Ma in fondo è giusto così, data la "mission" della SIAE così ben espressa dal suo rappresentante, è meglio che noi si continui a navigare nelle leggende urbane (Mi ha detto mio cuggino che 5 secondi si possono trasmettere - no sono solo 3 - io sapevo 10) perché l'ignoranza non è mai una scusante, anche quando è creata ad hoc.

Commenti (5) Trackback (0)
  1. Che dire… condivido l’incazzatura! Nell’intervista viene fuori anche che se fai le cose a regola di legge è normale andare incontro a problemi. Bho, secondo me qualcosa non gira per il verso giusto… (e qualcos’altro gira troppo velocemente :P )

  2. Dici bene, Francesco. Mi sono reso conto che le cose non giravano per il verso giusto quando ho registrato lo screencast di midomi.com, e mi sono reso conto che canticchiavo e si sentivano canzoni protette da diritto d’autore. Il fatto di “homolaicus” era appena successo (e quello che fa riferimento al video nel post precedente) e ho registato tutto con gli inni e la musica classica. Violavo (forse) ancora i diritti accessori, ma non quelli d’autore e la SIAE non poteva dire niente. Il terrore non è un bel modo di vivere la rete.

  3. Sono senza parole. Io mi domando come lo stato possa permettere a simili farabutti di fare il bello e il cattivo tempo, anzi mi chiedo come possa permettere che gente del genere possa fare alla stampa simili dichiarazioni; la SIAE non sta facendo gli interessi della cultura, nè gli interessi della società e tantomeno quella degli artisti! Rutelli doveva chiedere la testa di quest’uomo sulla propria scrivania il 13 marzo!!!

  4. Io le parole le avrei, ma è meglio che non le dica…!!! Ma non possiamo fare nulla contro questa gente? Non si riesce a fare uan campagna magari interessando anche le associazioni dei consumatori?

  5. @ PB & Sky One
    PB, hai ragione, personalmente i toni di quell’intervista mi mortificano. A parte l’ignoranza tecnica e la chiara mancanza di volontà per trovare un sistema equo, sembra proprio che la SIAE pensi solo ad una cosa, e il suo sito-listino prezzi sembra confermarlo.
    Sky One, non saprei di certo bisogna parlarne e non lasciare cadere queste aberranti dichiarazioni nel vuoto. Per come la vedo io la campagna si può anche fare, con toni pacati (io sono partito male) con ragionevolezza ed evitando cose tipo “aboliamo la SIAE”. Non credo al “fight fire with fire”, e chi ha più buon senso lo deve usare.


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